Introduciamo oggi una nuova protesi per il trattamento chirurgico della rizoartrosi, che sta prendendo sempre più campo in Italia.

Facciamo un passo indietro e inquadriamo la patologia.

La rizoartrosi è una delle principali cause di dolore e di disabilità nella popolazione. Pur essendo la seconda sede più comune di artrosi nella mano, è sintomatica solo nel 6% dei casi, in particolare nelle donne in età post-menopausale. La patologia è caratterizzata da dolore acuto che colpisce la base del pollice, determinando dei limiti funzionali di diversa entità, che possono incidere sulle azioni quotidiane come aprire una bottiglia o mettere delle mollette. Il dolore può essere esacerbato dal movimento oppure può trattarsi di un dolore continuativo, una condizione sgradevole e poco tollerata.

Quando si ricorre alla chirurgia?

L’intervento chirurgico non è mai la prima strada presa in considerazione. Ma se la terapia fisica, ad esempio attraverso la tecarterapia, o quella farmacologica, come anche l’utilizzo di tutori notturni, non conferiscono i benefici sperati è necessario programmare un intervento chirurgico.

Di che tipo di intervento si tratta?

Gli interventi chirurgici per la rizoartrosi sono molteplici. In alcuni casi si interviene per bloccare l’articolazione, in altri l’operazione consiste nell’asportare un ossicino e interporre, nello spazio che viene a crearsi, degli spaziatori biologici, dati ad esempio da tendini arrotolati, o degli spaziatori artificiali tipo protesi.

Parliamo di chirurgia protesica.

L’ultimo passo è la creazione di una vera e propria artroprotesi composta da una cupola emisferica che viene inserita nel trapezio, un collo modulare e uno stelo metacarpale anatomico. Possiamo dire che questa operazione segue lo stesso meccanismo dell’impianto di una protesi di anca, dove il cotile usurato viene asportato e sostituito. Il suo impianto consente un recupero funzionale veloce, molto più rapido rispetto ad altri tipi di interventi.