L’artrosi della mano è una patologia degenerativa molto diffusa, soprattutto tra le persone oltre i 50 anni, e può compromettere seriamente la funzionalità delle dita e la qualità della vita. Quando le terapie conservative – farmacologiche, fisiche o infiltrative – non sono più sufficienti a controllare il dolore e a mantenere un’adeguata mobilità, è possibile valutare un approccio chirurgico. 
Negli ultimi anni, la chirurgia della mano ha fatto grandi passi avanti, grazie a nuove tecnologie e materiali protesici sempre più efficaci e duraturi.
 
Quando si ricorre alla chirurgia nei casi di artrosi della mano?
 
La chirurgia entra in gioco nei quadri artrosici più avanzati, quando le terapie fisiche e farmacologiche non producono più alcun risultato. In particolare, quando la condizione diventa estremamente invalidante per il paziente e compromette significativamente la qualità della vita.
 
Quali sono i progressi più recenti in ambito chirurgico?
 
Negli ultimi anni, la chirurgia ha ottenuto risultati molto buoni grazie all’evoluzione delle tecnologie e soprattutto dei materiali utilizzati. Questo ha permesso di affrontare anche le piccole articolazioni della mano in modo più efficace.
In cosa consiste l’intervento chirurgico per l’artrosi delle dita?
 
Si tratta della sostituzione della componente articolare naturale con una protesi, esattamente come avviene per le articolazioni più conosciute, come anca e ginocchio. Anche nelle dita si possono impiantare protesi articolari, ovviamente in casi ben selezionati.
 
Quali pazienti possono essere sottoposti a questo tipo di intervento?
 
La protesizzazione è indicata in soggetti con esigenze funzionali non elevate, quindi non in lavoratori pesanti. Le articolazioni più frequentemente interessate sono quelle interfalangee prossimali del terzo, quarto e quinto dito. Si evitano di solito il primo e il secondo dito, che sono maggiormente sollecitati nei gesti quotidiani.
 
Anche la rizoartrosi può essere trattata chirurgicamente?
 
Sì, anche la 
rizoartrosi può essere affrontata con diverse tecniche chirurgiche. Una delle opzioni è l’artroplastica biologica, che prevede l’asportazione di una componente ossea, come il trapezio, e la sua sostituzione con materiale biologico, ad esempio un tendine.
 
Esistono altre soluzioni oltre alle artroplastiche biologiche?
 
Certo. Possono essere utilizzati anche spaziatori in pirocarbonio oppure vere e proprie protesi articolari, simili a quelle dell’anca. Queste protesi hanno una componente distale con stelo e una componente prossimale con cotile.
 
Qual è il recupero post-operatorio per questi interventi?
 
Il recupero funzionale è generalmente molto buono. Inoltre, le nuove tecnologie permettono una durata protesica molto più lunga rispetto al passato, migliorando sensibilmente la qualità della vita del paziente nel lungo termine.
					
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